Il sale della vita

Scritto il 28 aprile 2012

Il sale della vita, di Françoise HéritierIl sale della vita non è l’amore e nemmeno la filosofia o il sesso. Non è avere soldi o potere o successo. Il sale della vita è la leggerezza, la grazia del “puro e semplice fatto di esistere, al di là di tutti gli impegni professionali, dei sentimenti intensi, delle lotte politiche e umane”.

Lo sostiene, in un piccolo, delizioso – e da non sottovalutare – libro, Françoise Héritier che è una grande intellettuale francese, la donna che ha preso il posto che fu del maestro Claude Levi-Strauss al Collége de France.

Questo piccolo libro ha spopolato nelle classifiche dei best-seller francesi e, probabilmente, succederà lo stesso anche in Italia – forse perché c’è bisogno di rivalutare un po’ la propria esistenza, sottrarla alle regole dei valori, esclusivamente economici, vigenti.

Il sale della vita è assaporare una “coppa del nonno” a Firenze ma anche piangere ascoltando la Winterreise di Schubert. Ricordarsi senza più vergogna delle figuracce di un tempo ma anche sperare ancora di riuscire un giorno ad impugnare una pistola con la perfezione metafisica di Humphrey Bogart.

Il sale della vita per Françoise Héritier è ricordarsi di quella volta che prese un 9 in matematica ma anche ricordarsi di aver passato la prima notte in bianco della sua vita per vegliare un morto in famiglia – la bisnonna morta.

Il sale della vita, di Françoise HéritierIl sale della vita è sapere dove abitano gli scoiattoli rossi ma anche saper accettare le proprie manie (sante parole!); il sale della vita è fare un inventario completo di tutte le tipologie di perizoma maschile ma anche ricordarsi di quanto era piacevole la voce roca dell’anziano cugino Pierre, morto gasato nel ’14.
Il sale della vita è dirne quattro a un cameriere sgarbato o a un commensale presuntuoso ma anche osservare la camminata dei passanti e fare psicologia spicciola a riguardo.

E’ sentirsi vagamente inquieti percorrendo un grande viale alberato a mezzanotte. Ballare in un locale dove suonano solo una fisarmonica e una batteria. Ascoltare con giusto (e uguale) raccoglimento Mozart, i Beatles o Astrud Gilberto. Rimpinzarsi di frutti di bosco. Passeggiare lungo la costa in un giorno di vento. Aver conosciuto un gatto che chiedeva disperatamente di uscire ogni volta che una bambina apriva l’astuccio del violino. salutare con la mano come il tenente Colombo.

Del sale della vita fa parte anche quella volta (la prima volta) in cui Françoise Héritier vide Via col vento e si sentì sciogliere “di fronte all’insolenza devastante di Clark Gable”.

In questo delicato libretto ho trovato anche il segreto dell’arte della conversazioone, che è poi anche l’arte del giornalismo: parlare seriamente degli argomenti frivoli e scherzare sulle cose serie.

Fonte: Sette, 19-apr-12

Incipit

Il testo che segue, temo, coglierà alla sprovvista i lettori che mi conoscono come antropologa. Preciso da subito, con tutta l’umiltà del caso, che si tratta di una “fantasia”, di un gioco in punta di penna e d’ispirazione.

Un gioco che ha però una storia tutta sua. Un bel giorno d’estate, se così si può dire dato che in realtà faceva un tempaccio da lupi, ho ricevuto una cartolina dalla Scozia.

Una persona a me molto cara, il professor Jean-Charles Piette, “il signor Piette”, come lo chiamo tra me e me, mi mandava un saluto dall’isola di Skye. Iniziava così: “La mia settimana ‘rubata’ di vacanze in Scozia”.

È bene sapere che l’illustre clinico, docente di medicina interna all’ospedale della Pitié, adorato dai suoi pazienti e tanto più da me, che lo consulto da trent’anni, vive solo per i suoi malati e il suo lavoro.

Da quando lo conosco l’ho sempre visto sull’orlo dell’esaurimento fisico e morale: ogni giorno dedica lunghe ore alle sue visite, arrivando perfino a riaccompagnare a casa l’ultimo paziente della giornata se lo ha fatto aspettare troppo a lungo, e ad accogliere il primo alla fermata della metropolitana (come ha fatto una volta con me).

È capace di slanci di generosità folle e di colpi di testa altrettanto sconsiderati. E poi quell’espressione curiosa, una settimana “rubata”, che mi fa quasi l’effetto di uno schiaffo. Chi stava derubando chi?

Il dottore stava davvero rubando un po’ di riposo a un mondo al quale doveva tutto, oppure stava solo difendendo la sua vita dalle pretese insaziabili del suo ambito professionale, da un lavoro diventato ossessione, da mille responsabilità schiaccianti?

Eravamo noi, semmai, a derubarlo della sua vita. Anzi, era lui a derubare se stesso.

Dove trovare il libro online?

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Le sel de la vie (libro in francese)


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