La danese

Scritto il 14 aprile 2016

La danese - di David EbershoffIl fatto storico è che nel 1931 un pittore danese chiamato Einar Wegener diventò il primo uomo chirurgicamente trasformato in una donna, che cambiò il nome in Lili Elbe e che alla fine rivelò la sua storia alla stampa.

Ne “La danese”, David Ebershoff usa la storia di Wegener-Elbe per evocare un ricco universo immaginario in cui l’evento principale non è tanto la trasformazione sessuale, quanto l’effetto che questa trasformazione ebbe sulle altre persone.

Questo è il primo romanzo di Ebershoff ed è molto promettente. “La danese”, come l’autore ci spiega nell’utile postfazione, non vuole raccontare una storia vera. Egli ha solo immaginato la vita interiore di Wegener, ma ha anche costruito tutti gli altri personaggi del libro, prima fra tutti la nobile moglie di origine americana di Wegener, Greta Waud, che, come Ebershoff, è originaria di Pasadena, California.

Eppure questo romanzo, che si svolge a Copenhagen, Parigi e Dresda (dove il vero Wegener si sottopose alla trasformazione chirurgica), è raccontato con una tale delicatezza psicologica, che il lettore crede che davvero i fatti sono andati nel modo in cui li narra Ebershoff.

La sua scrittura è altamente raffinata, la storia è ricca di dettagli storici dell’epoca, dall’odore del formaggio danese che arriva dalla porta dei vicini ed entra in una galleria d’arte di Copenhagen, fino all’immagine del fiume Elba nella primavera di Dresda. Ma, ancora più importante, Ebershoff ha narrato un’insolita e toccante storia d’amore centrata sul confronto con il mistero dell’altro.

David Ebershoff

David Ebershoff

Ciò che rende la sua rielaborazione immaginaria di un fatto storico davvero convincente, è il suo ritratto di Greta, un personaggio davvero di successo, molto più di quanto lo sia lo stesso Einar. All’inizio della storia, Greta e Einar sono nel loro atelier di Copenaghen, dove Greta chiede al marito di farle un favore. Gli chiede di indossare l’abito di una cantante lirica danese, Anna Fonsmark, di cui Greta sta realizzando il ritratto, che non è riuscita a venire nel suo studio per posare per lei.

Einar indossa l’abito e resta assorto nella sensazione che questo gli provoca, quando i suoi pensieri vengono improvvisamente interrotti dalla stessa Anna che scherza con Greta sull’aspetto del marito. “Greta disse, con voce delicata, premurosa ed estranea “perché non ti chiamiamo Lili?””.

Da questo punto in avanti, sebbene l’evento centrale del romanzo sia l’inesorabile trasformazione in Lili, la storia di Ebershoff si sposta su Greta e sulla sua silenziosa e inarrestabile lotta per permettere al suo amore di trionfare sui suoi bisogni. Ebershoff descrive la vita privilegiata e ribelle di Greta: la sua fuga dal rigoroso ambiente convenzionale di Pasadena (dove era finito tragicamente il suo primo matrimonio), fino alla sua vita da ritrattista a Copenhagen.

Mentre Greta emerge in tutta la sua complessità e pienezza, Ebershoff non riesce altrettanto bene con Einar e Lili, che vengono trattati come due persone separate, come a voler rispettare il volere di Einar stesso. La convinzione di Lili che lei possiede un’individualità separata da quella di Einar e le sue prime esperienze per riuscire ad avere una consapevolezza sessuale, sono presentate con una meravigliosa, incredibile intimità.

I gioco di Einar, quello cioè che lui e Lili non sono la stessa persona e che vivono vite separate, è un altro elemento di realtà che gioca un ruolo fondamentale nella sfida di
Greta per amare e capire suo marito.

Ma questo gioco, stranamente, limita Einar come personaggio, rendendolo fin troppo automatico e poco credibile dal punto di vista psicologico. Allo steso modo, Ebershoff tratta la questione in modo tale che le esperienze di lili avvengano in in un mondo circoscritto che praticamente non arriva a creare nessuna complicazione per Greta.

Si potrebbe pensare che Ebershoff abbia voluto evitare tutte le scene da sit-com che il duo Einar-Lili avrebbe potuto involontariamente creare ma, così facendo, egli non approfondisce alcuni eventi – come l’incontro di Einar-Lili con un amico d’infanzia con cui aveva avuto una tormentata relazione omosessuale – che avrebbero causato molta più turbolenza di quanto facciano nel mondo, a volte, poco convincente de “La danese”.

Ma queste sono solo piccole questioni in un libro il cui nucleo principale, cioè l’amore paziente ed eterno che Greta prova per il marito e che lui non riesce a capire, è profondo e complesso. C’è un momento verso la fine del romanzo, in cui lili, la cui trasformazione è quasi competa, dice qualcosa che, per la prima volta, porta Greta a confrontarsi con la pienezza della sua perdita.

“Tu ed io eravamo sposati” dice Greta con calma “e vivevamo in quel piccolo spazio buio che si trova tra due persone, dove esiste il matrimonio”. Questa affermazione è una specie di discorso di commiato ed è una toccante evocazione della condizione umana. Ebershoff ci dice che l’amore ha a che fare con un piccolo spazio bio. L’intelligenza e la delicatezza con cui esplora questo piccolo spazio buio, fanno si che questo sia davvero un romanzo notevole.

Nel 2015 è stato tratto dal romanzo un film omonimo, diretto da Tom Hooper.

Incipit

Fu sua moglie la prima a saperlo. «Mi faresti un piccolo favore?» chiese Greta dalla camera da letto quel pomeriggio. «Dovresti aiutarmi un attimo con una cosa. Non ci vorrà molto.» «Certo» disse Einar tenendo gli occhi fissi sulla tela. «Quello che vuoi.» Il vento del Baltico rinfrescava la giornata di primavera. Erano nel loro appartamento nella Casa delle Vedove, ed Einar, un uomo minuto e quasi trentacinquenne, stava dipingendo a memoria un paesaggio invernale del Kattegat.

Sull’acqua nera e crudele, tomba di centinaia di pescatori che ritornavano a Copenaghen con le loro prede sotto sale, era stesa una cappa bianca. Il vicino del piano di sotto era un marinaio con la testa piccola e tonda che insultava la moglie. Quando Einar dipingeva l’increspatura grigia di ogni onda, immaginava il marinaio che annegava, con una mano sollevata a chiedere aiuto, e sentiva la sua voce che sapeva di vodka di patate dare ancora della puttana da porto alla moglie. In questo modo Einar capiva che sfumatura dare ai suoi colori: abbastanza grigia da inghiottire un uomo del genere e richiudersi come pastella sul suo ringhio che affondava. «Arrivo fra un attimo» disse Greta, più giovane del marito e bella, col viso largo e piatto. «Poi possiamo cominciare.»

Dove trovare il libro online?

“La danese”, in italiano

“The danish girl”, in inglese

“The danish girl”, il film

(fonte)


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