La voce di Carly

Scritto il 17 aprile 2019

Quando Carly Fleischmann viene alla luce in una fredda mattina di gennaio del 1995, precedendo di qualche minuto la gemella Taryn, Arthur e Tammy, i suoi genitori, non possono neanche immaginare quale futuro li attenda. Alla difficoltà e alla fatica di crescere due neonate ed un bambino di quattro anni si aggiungono, nell’arco di pochi mesi, le oggettive peculiarità di Carly, che, a differenza della gemella, dimostra di non riuscire a rispettare le tappe dello sviluppo e si limita a giacere sulla schiena piangendo senza sosta.

Ha solo dieci mesi Carly, quando riceve una diagnosi provvisoria di ritardo del linguaggio, delle abilità motorie e della capacità attentiva e che segna l’inizio di un estenuante peregrinare da uno specialista all’altro, di sedute terapeutiche, di esami più o meno invasivi, che occupano a tempo pieno la vita dei genitori e in particolare di Tammy, la mamma, per la quale la ricerca di una risposta ai problemi di Carly, diventa una vera e propria occupazione. A due anni arriva la diagnosi definitiva, Carly ha una forma di autismo grave, è non verbale, ha un ritardo generale dello sviluppo, è isolata e dimostra di avere una scarsa consapevolezza del mondo che la circonda.

Il suo destino sembra segnato per sempre, ma i genitori non si danno per vinti. Danno fondo a tutte le loro risorse finanziarie e, unendosi ad altre famiglie nella loro stessa situazione, intraprendono delle battaglie legali per poter ottenere maggiore assistenza e opportunità da parte del sistema sanitario canadese. Tutto questo per offrire a Carly le migliori terapie disponibili e i migliori specialisti.

I progressi nello sviluppo sono minimi e arrivano lentamente, mentre Carly mette a dura prova la stabilità famigliare con il suo continuo urlare, i suoi comportamenti imprevedibili, i disturbi ossessivo-compulsivi che la portano a buttarsi con forza sul pavimento o a scagliarsi contro le pareti, a dondolarsi per ore, a far letteralmente volare cibo ed oggetti vari in giro per la casa. E a questo si aggiunge un’insonnia cronica che la porta a girovagare per casa di notte, svuotando cassetti ed armadi, togliendo il sonno ai genitori per anni e portandoli ad uno stato di esaurimento fisico e psicologico insostenibile.

Col tempo ed il duro lavoro, Carly conquista faticosamente e lentamente un minimo di autonomia: riesce ad andare al bagno da sola, segue un programma speciale alla scuola pubblica ed una terapia ABA intensiva (ABA è l’acronimo inglese per Applied Behavior Analysis che in italiano traduciamo con Analisi del Comportamento Applicata), ma ha pur sempre bisogno di assistenza continua e sembra destinata a restare intrappolata per sempre in un corpo che non riesce a controllare, prigioniera di una mente che sembra non avere coscienza di sé, né tantomeno della realtà circostante.

Finché un giorno, quando Carly ha circa dieci anni, si siede davanti alla tastiera di un computer e scrive “Aiuto male ai denti”.

Quel giorno segna l’inizio di un nuovo percorso, è la scoperta della vera Carly, di questa ragazzina chiusa nel suo mondo impenetrabile ed enigmatico, che improvvisamente dimostra di avere delle risorse, delle capacità, un’intelligenza vivace e profonda, un insospettabile senso dell’umorismo.

Carly può “parlare”, può comunicare i suoi bisogni, i suoi desideri e i suoi pensieri e può finalmente avere delle opportunità concrete. La prima e la più importante di queste opportunità è quella, preziosa ed unica, di poter raccontare al mondo il suo essere autistica, di poter spiegare i suoi comportamenti, il suo funzionamento, la sua diversità. Quello che chiede in cambio è rispetto e tolleranza, comprensione ma non compassione.

Quella di Carly è una storia unica e difficilmente replicabile e proprio per questo sia lei che la sua famiglia hanno faticato a convincere specialisti ed opinione pubblica della veridicità di quanto successo, ma nel tempo Carly, che ha una personalità paradossalmente estroversa e vivace, è riuscita a farsi conoscere tramite la TV e i social media ed ha assunto ormai il ruolo di “advocate” per l’autismo, facendo sua la missione di far conoscere ed accettare questa neurodiversità, facendosi portavoce dei diritti di chi, al contrario di lei, la voce, quella che lei chiama la voce “interiore”, non la troverà mai, purtroppo.

In questo, il libro è uno splendido e confortante esempio di come la perseveranza, la tenacia e l’amore incondizionato uniti ad un percorso terapeutico intenso e costante (ma non alla portata di tutti, diciamolo….) possano ottenere risultati inimmaginabili ma non dimentichiamo però che quello di Carly è un caso isolato, un vero e proprio miracolo, e che come tale deve essere interpretato.

Incipit

La giornata volgeva al termine. Due dei miei soci in affari si erano abbandonati sulle poltroncine in pelle eleganti e scomode dall’altra parte della mia scrivania. Io ero appoggiato allo schienale con i piedi sollevati.
“E’ stata una riunione tremenda” osservai.
“Siamo stati pessimi” disse uno dei soci.
“Abbiamo parlato veramente troppo” convenne l’altro.
“A un certo punto” aggiunsi “ho pensato: “Oh mio Dio, chi è che sta parlando così tanto? Che noia.” Poi mi sono reso conto che ero io.”
Scoppiammo a ridere. Avevamo appena terminato un incontro d’affari con un potenziale cliente che in realtà non ci interessava affatto. Ma siccome eravamo un’agenzia pubblicitaria alle prime armi, in quei primi tempi dovevamo arrabattarci per arrivare a fine mese e accettavamo praticamente tutto quello che passava il convento.

Dove trovare il libro online

La voce di Carly, su Amazon

Carly’s Voice: Breaking Through Autism, in inglese

“Non compresi appieno quello che avevo fatto se non un paio di giorni dopo. Mi ci volle del tempo per processare quella parte di me, di nuovo. Ero orgogliosa del mio successo, ma non sapevo quanto fosse grande realmente. Mi avrebbe aperto le porte di un mondo in cui non ero proprio sicura di voler entrare. Non fraintendetemi. La capacità di comunicare i miei desideri e i miei bisogni è una cosa straordinaria; le grandi capacità, però, portano con sé grandi aspettative.”

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